LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Ferdinando Giordano
|
|||||
Quando cominciò era un gran bel tempo. Il microfono con il profilo da piazzista piantato sul mixer come un cardo - feroce e mellifluo quanto una lettera dell’agenzia delle entrate, segnatamente la i. Gli roteavano intorno sillabe concitate (queste aquile annidano nella cavità orale). Un alfabeto rapace si lanciava nel cielo più basso, con la cadenza locale delle frane. Una pratica durata 30 anni, che ho nel tempo abbandonato. Andati in fumo, perché la raucedine gracchiava ma poteva farti passare per aria, anzi, doveva impastarti. Dediche a parte, c’erano numeri da circa come quei giochi privi di conoscenza non di meno rincorsi per sapere a casa. Il monocolo del disco mostrava un occhio di riguardo al giro richiesto - più graffiante lo scratch sul vinile che l’uscita dal solco digitale. Comunque, la musica è una presa d’acqua e spesso non si afferra; attraversa i continenti ma non tutte le pelli. A darle corda, l’udito abbocca, perché l’esca è l’orizzonte popolare con una certa frequenza, da promessa in onda. Ancora nessuna nuvola, ma di solito piove avendo tempo.
|
|